La battaglia che si
svolse ai piedi del colle di Zappolino, appena fuori le mura del
castello, rappresentò uno dei più grandi scontri campali avvenuti nel
medioevo, vi presero infatti parte circa 35000 fanti e 4000 cavalieri e
più di duemila uomini persero la vita sul campo di battaglia.
Lo scontro avvenne a seguito delle annose rivalità esistenti tra
Modenesi, di parte ghibellina, e Bolognesi, di parte guelfa. Negli anni
precedenti il 1325, vi erano stati diversi episodi che possono essere
considerati come prime avvisaglie di quello che fu uno scontro di
dimensioni difficilmente immaginabili anche ai giorni nostri.
Nel 1296 i
Bolognesi avevano invaso le terre di Bazzano e Savignano, sottraendole
di fatto ai Modenesi, grazie anche all'appoggio di Papa Bonifacio VIII.
Questi infatti emanò nel 1298 un Lodo con il quale riconosceva il
possesso da parte guelfa dei castelli delle suddette località. Il Papa
con questa mossa intendeva rafforzare il suo potere sui guelfi, i quali
vedevano nei ghibellini di Modena, alleati con l’imperatore, il nemico
principale con il quale occorreva risolvere l'antica questione dei
confini. D’altra parte Bologna aveva allargato le sue mire
territoriali, dovendo fronteggiare il tumultuoso incremento demografico
conseguente alla fama della sua università. Ghibellini quindi nemici di
Bologna e nemici del Papa. Lotta per le investiture e guerra di confine
si mescolarono e portarono a tragici eventi.
A Modena la situazione era invece leggermente più complicata, difatti,
dopo la morte d'Orbizzo d'Este, si era scatenata una lotta per la
successione tra i figli. Tra questi riuscì a prevalere Azzo VIII, il
quale, non riuscendo ad avere il supporto della nobiltà cittadina,
lanciò il guanto di sfida a Bologna, nel tentativo di rafforzare il
proprio prestigio. Quest'episodio inasprì gli animi e la guerra lungo
il confine si fece ancora più violenta, ma Azzo ne uscì sconfitto.
Alla sua morte fu eletto Passerino Bonacolsi, il quale proseguì ed
inasprì la politica della guerra.
Nei mesi precedenti la data della battaglia, vi fu un'intensa attività
militare sui confini tra Modena e Bologna, nel mese di luglio infatti i
bolognesi entrarono nel territorio di Modena e misero al sacco la
campagna, nel mese di settembre fu la volta del mantovano e di nuovo
della campagna modenese, ma alla fine dello stesso mese i ghibellini
conquistarono, grazie ad un tradimento, il castello di Monteveglio, che
costituiva un importante baluardo per la difesa di Bologna. Zappolino e
il suo castello erano diventati a questo punto l'ultima importante
roccaforte a difesa dell’odierno capoluogo emiliano.
Lo scontro avvenne
il 15 novembre del 1325 verso il calare del sole e vide schierati circa
30000 fanti e 2000 cavalieri per i Bolognesi, contro 5000 fanti e 2000
cavalieri per i modenesi, molti di questi di provenienza germanica e
quindi piuttosto esperti d'arte militare. I Ghibellini erano schierati
all'incirca sul pianoro dove oggi sorge l’abitato della Ziribega,
mentre i Guelfi si trovavano all'inizio del pendio che dalla Bersagliera
sale verso Zappolino, denominato " Prati di Soletto ", tenendo
alle loro spalle il castello. I bolognesi non ebbero molto tempo a
disposizione per organizzare le truppe, avendole richiamate in tutta
fretta da Bazzano e da Ponte Sant' Ambrogio, dove i modenesi le avevano
attirate con alcuni stratagemmi; lo scopo era quello di fermare
l'avanzata del nemico verso Monteveglio, dove si stava cercando di
riconquistare il castello, e probabilmente di difendere la roccaforte di
Zappolino. I modenesi, agli ordini di Passerino Bonacolsi, attaccarono,
guidati da Azzone Visconti dal Marchese Rinaldo d’Este, i cavalieri
delle prime linee bolognesi, mentre la cavalleria di Gangalando Bertucci
di Guiglia, attaccò sul fianco, arrivando dalla parte di Oliveto. Alle
manovre prese parte anche Muzzarello da Cuzzano, esperto del territorio
come Gangalando, nonché signore dell’omonimo castello, situato a poca
distanza dal luogo della battaglia. La battaglia fu molto breve, circa
un paio d’ore, ma si concluse con la terribile disfatta dell'esercito
bolognese, infatti, nonostante la superiorità numerica, le truppe prese
di sorpresa dall'attacco laterale, si diedero alla fuga, molti uomini
ripararono all'interno del castello di Zappolino, altri in quello di
Oliveto, altri ancora, raggiunsero, inseguiti, Bologna e qui trovarono
rifugio entrando dalla porta S. Felice. I morti furono più di duemila.
I modenesi giunsero fino alle porte di Bologna, distruggendo al loro
passaggio i castelli di Crespellano, Zola, Samoggia, Anzola,
Castelfranco, Piumazzo e la chiusa del Reno presso Casalecchio, che
consentiva, come oggi, la deviazione delle acque del fiume verso la città.
Non tentarono però l'assedio della città, ma si limitarono a schernire
per alcuni giorni gli sconfitti correndo quattro palii fuori le mura e
alla fine tornarono a Modena portando in trofeo una secchia rubata in un
pozzo, tuttora esistente sotto un tombino fuori porta S. Felice. A
seguito di tale episodio e forse grazie anche al poema del Tassoni che
ne narra in chiave eroicomica gli eventi, questo avvenimento è oggi
chiamato “La battaglia della secchia rapita”.
Alcuni mesi più
tardi, nel gennaio 1326, la pace firmata dalle due parti vide la
restituzione dei terreni e dei castelli conquistati dai ghibellini ai
bolognesi, probabilmente in cambio di denaro, passato nelle mani di
Passerino Bonacolsi.
Il sacrificio di
duemila uomini si era quindi rivelato del tutto inutile. Eroi, che senza
il vile trattato successivo allo scontro, avrebbero avuto gli onori
della storia.
Nonostante uno
scontro di tali dimensioni sia stato quasi dimenticato, forse per non
aver sortito effetti storico – politici di rilievo, il ricordo della
tragedia restò vivo negli animi degli sconfitti per diverso tempo.
Antonio Beccari, poeta girovago che aveva vissuto alla corte degli
Oleggio, diversi anni più tardi citò infatti lo scontro di Zappolino
in una sua rima, dove egli cantava la crudeltà e la perfidia
dell’animo umano.
|